Giovanna Calvenzi nel periodo universitario (1969-1973) ha lavorato come assistente dei fotografi Federico Patellani, Cesare Colombo e Toni Nicolini.
Nel 1973, dopo essersi laureata in Lettere all’Università Cattolica di Milano, ha iniziato a insegnare storia della fotografia e linguaggio fotografico presso i corsi professionali per fotografi della Società Umanitaria, diventata in seguito Centro di Formazione Professionale della Regione Lombardia Riccardo Bauer.
Nel 1977 ha iniziato a lavorare per l’editoria fotografica e in particolare con il mensile della Mondadori Il Fotografo, collaborazione ininterrotta fino alla chiusura del giornale nel 1984.
Fino al 1985 ha collaborato a diversi periodici (Capital, Amica, Domus, Interni, Photo Italia, Linea Grafica) e nell’aprile dello stesso anno è diventata photo editor di Amica, della RCS Periodici. Nel luglio 1987 diventa capo redattore del mensile Max e nell’ottobre dello stesso anno è di nuovo photo editor di “7”, il supplemento settimanale del Corriere della Sera. Il 2 gennaio 1990 diventa direttore della fotografia di Vanity Fair, delle Edizioni Condé Nast Italia e nel marzo 1991 direttore del mensile Lei Glamour, sempre delle Edizioni Condé Nast, che lascia nel febbraio 1992. Nello stesso anno diventa photo editor di Moda, della nuova ERI.
Nel gennaio 2000 diventa photo-editor di Sportweek, il magazine della Gazzetta dello Sport. Nel 2012 lascia Sportweek e diventa, fino al dicembre 2015, consulente per l’immagine presso la Periodici San Paolo. Dal 2016 è consulente per l’immagine di Donna Moderna, Arnoldo Mondadori Editore.
Nel 1998 è stata direttore artistico dei Rencontres Internationales de la Photographie di Arles. Nel 1995 e nel 2005 è stata membro della giuria del World Press Photo Contest ad Amsterdam e per due volte (nel 1993 e nel 1999) ha insegnato al Master Class del World Press Photo. Nel 2010 e nel 2011 ha fatto parte della pregiuria del World Press Photo Contest. Nel 2002 è stata guest curator di Photo España a Madrid e dall’ottobre dello stesso anno fino al 2008 ha insegnato presso il Master in Editoria alla Scuola Superiore di Studi Umanistici di Bologna. Dal 2004 al 2013 ha insegnato photo-editing al Centro di Formazione Professionale Riccardo Bauer di Milano. Nel 2014 è stata, con Laura Serani, delegato artistico del Mois de la Photo a Parigi. Nel 2015 ha organizzato a Milano, Palazzo della Regione, due importanti eventi espositivi: “Italia Inside Out”, che presentava il lavoro di 42 autori italiani che riflettono sul proprio Paese, e “Henri Cartier-Bresson e gli altri”, con le opere di 36 autori internazionali sull’Italia. Nel 2017, in collaborazione con Kitti Bolognesi e Marta Posani, ha curato la mostra “Io sono persona”, collettiva di 36 autori che hanno indagato il tema migranti e migrazioni, al Centro Internazionale di Fotografia di Palermo.
Cinque racconti
L’invito era a realizzare cinque progetti visivi nel 2018 che coniugassero presente e passato. Un passato lontano, il 1918, fine della Prima guerra mondiale, e sempre vicinissimo che, per chiunque visiti il Trentino, è impossibile ignorare. Quattro fotografi e un videomaker hanno quindi percorso e ripercorso il Sentiero della pace, il lungo itinerario che unisce il Tonale alla Marmolada e attraversa i luoghi che sono stati teatro di una guerra che ha lasciato ferite incancellabili. Sono cinque autori con esperienze diverse che hanno deciso di misurarsi con un mondo che conoscevano perfettamente o che non avevano mai visto. L’obiettivo era suggerito dal titolo dell’evento: ricordi di guerra, sguardi di pace, il passato e il presente, appunto, e una speranza per progettare il futuro. In modo inevitabile, quindi, indipendentemente dalle storie personali, professionali e artistiche, ogni autore non ha potuto non misurarsi con la storia e con la memoria. La fotografia e il video sono stati strumenti di indagine prima ancora che di creazione, troppo forti le memorie, troppa la sofferenza della quale i luoghi attraversati dal Sentiero sono stati testimoni. Poi lentamente ognuno ha definito il proprio itinerario, in sintonia con la propria storia, con la propria capacità di declinare la visione, in sintonia anche e soprattutto con la forte carica emotiva che i paesaggi attraversati dal Sentiero della pace suscitava in loro.
Nausicaa Giulia Bianchi non è trentina e per lei il Sentiero della pace ha significato uno studio appassionato della storia, decine di incontri, di letture, di sopralluoghi. Il suo itinerario non poteva essere lineare, troppi gli influssi e le suggestioni che di giorno in giorno arricchivano la sua esperienza. Così ha articolato la sua indagine in diversi capitoli: gli oggetti che sono conservati nei diversi musei trentini dedicati alla Prima guerra mondiale, poi immagini materiche dei forti, la “pelle” delle rocce o dei materiali con i quali sono costruiti, poi ancora, cambiando il registro narrativo, la frequentazione in bianco e nero degli eventi che periodicamente animano la montagna e infine il fascino straordinario dei luoghi che ospitano i forti, nelle diverse stagioni.
Gianluca Colla ha messo la sua lunga esperienza di videomaker al servizio di un incontro, come lui stesso dichiara, che non si aspettava, del quale non poteva prevedere le conseguenze: “cominciare a camminare, a guardarsi intorno, ad aprire la mente, a lasciare che gli stimoli circostanti facciano il loro corso naturale”. Emozioni, sensazioni, immagini e rumori si mescolano e diventano una storia fatta di presente e di passato nella quale la potenza della natura è l’unica vincitrice.
Luciano Gaudenzio ha seguito il sentiero tracciato dalle emozioni, guidato da ricordi poetici e dal fascino della grandiosità dei paesaggi. Il suo è uno sguardo rivolto alla natura che non dimentica la storia, che non la evidenzia ma che riconosce il lascito di memorie dolorose. A lui sono affidati il racconto del silenzio, la trascrizione della maestosità dei panorami, della bellezza apparentemente intatta e immemore della montagna.
Daniele Lira ha realizzato il viaggio più complesso, più consapevolmente legato al presente. Camminando lungo il Sentiero della pace ha documentato tutti i possibili incontri, i nuovi frequentatori, le invasive presenze di ciclisti, di sciatori, di escursionisti, di commercianti, di una folla recente che abita i luoghi del silenzio e della memoria. E tuttavia là dove il turismo massificato avrebbe potuto suscitare perplessità etiche o estetiche, Lira ha scelto un registro delicato, che documenta senza intenti di denuncia, che racconta in modo sobrio, che preferisce il sorriso all’ironia, rendendo la montagna e i suoi nuovi frequentatori protagonisti entrambi di una equilibrata e serena narrazione.
Pierluigi Orler rivendica di essere nato e cresciuto in Val di Fiemme. Il suo viaggio è un incrociarsi di passato e di presente: percorre i sentieri lungo i quali da bambino giocava, inconsapevole che i suoi teatri di gioco fossero stati testimoni di altre sofferenze. Il suo sguardo adulto indugia sulle meraviglie delle montagne ma cerca anche le tracce di chi sulle stesse montagne ha combattuto e sofferto. Alterna con sapienza immagini in bianco e nero e immagini a colori, i silenzi del vuoto e le presenze umane. E si augura “che queste meravigliose montagne non siano più luoghi di sofferenza, ma solo di gioia e bellezza”.
Giovanna Calvenzi