Forte Zaccarana

Tonale, 18 agosto 2017

Bandana rossa stretta al collo, Felice guida la sua Dacia, un SUV con il comfort spartano di una Panda, ascoltando una sinfonia di Mahler, e mentre saliamo su una strada sterrata costruita dai soldati austriaci alla fine dell’800, ogni tanto pericolosamente socchiude gli occhi per prestare attenzione a un certo preciso passaggio musicale. Siamo tra gli alberi, nel verde fosforescente del Trentino estivo, in una giornata di pioggia e con 7 gradi a fare compagnia all’imminente trekking.

Mi tornano in mente le parole del diario 1915-18 dell’ufficiale Carlo Emilio Gadda: “Questi bei prati, densi di magnifico foraggio e infiorati dall’estate, sono dilaniati dalla guerra”. Tanta bellezza sembra inappropriata ai luoghi che furono scenario dell’atroce Prima guerra mondiale.

Felice è il responsabile dei quattro forti austriaci che sono stati costruiti all’inizio del secolo scorso, quando il confine Austria-Italia tagliava perpendicolarmente la Val Di Sole e continuava poi per tutta la linea che oggi è solo un confine regionale tra Trentino e Lombardia.

I forti sono quattro giganti di pietra come sentinelle addormentate sulle estremità delle montagne. Felice me ne mostra l’esterno e l’interno, uno a uno. Ci infiliamo nelle viscere nere e bagnate di Pozzi Alti. Tocchiamo la rugiada e le stalattiti che si formano nelle stanze buie, ora più simili a caverne. Fotografo le pareti di Forte Mero su cui è rimasta traccia di un camouflage militare variopinto.

Più tardi ci arrampichiamo su una “spiaggia” montana di grandi sassi e cemento armato: è quel che resta di una parte del Forte Zaccarana, fatta saltare in aria da chi dopo la guerra era povero e affamato e cercava metalli da rivendere: “recuperanti” venivano chiamati.

C’è un muro di nebbia bianca davanti a noi dove dovrebbero essere invece la valle e le montagne. Chiedo a Felice se ha mai letto “Notturno” di D’Annunzio. Mi dice di sì con il piccolo sorriso di chi è un amante della letteratura. Cita altri romanzi dell’epoca e poi la conversazione scivola sugli irredentisti, coloro che nel 1915 chiedevano all’Italia di muovere guerra all’Austria per occupare tutti i territori popolati da chi si percepiva italiano, per lingua o tradizione. “Quindi il Trentino è stato liberato dall’Impero Asburgico nel 1918? Le persone qui si sentivano italiane?”, chiedo. Felice senza mai smettere di camminare mi parla di una popolazione delle valli a cui importava poco chi fosse il padrone, finché c’era da mangiare.

La gente locale costruì i forti, gli uomini furono arruolati nell’esercito austriaco (contro l’Italia) per combattere qui e sul fronte Orientale (contro la Russia), le donne e i bambini mandati in un campo di concentramento vicino a Vienna. Una volta che l’Austria perse la guerra, una volta tornati a casa, trovarono le città rase al suolo. Dopo gli incessanti attacchi dell’artiglieria pesante, i campi erano diventati come crateri lunari, la terra era un formaggio gruviera di cenere e ordigni inesplosi. Arare quel che restava di un campo poteva voler dire saltare in aria.

Forse a questa gente può essere sembrata una tragica ironia perdere la guerra indossando la divisa austriaca e diventare il giorno dopo italiani, come il loro nemico di ieri. Felice mi racconta che a Forte Strino è esposta la foto di un soldato di Vermiglio che disertò l’esercito austriaco per passare a quello Italiano. Dopo la guerra era lui il vero vincitore, aveva scelto il lato giusto. Ancora oggi, dopo cento anni, qualcuno punta il dito contro quella foto chiedendo quando verrà rimosso il ritratto del “traditore”. Quindi un Trentino liberato od occupato dall’Italia, per coloro che vivevano in Val di Sole?

Felice parla di una Prima guerra mondiale che non è finita. Parla della disperazione e della depressione economica che sono seguite per la povera gente, di come per decine di anni i recuperanti hanno continuato a morire nelle valli. Felice è perplesso, sia per la festa della Fratellanza che si terrà domani, con le parole retoriche che a volte udiamo da militari e politici, sia per la celebrazione di ieri a Vermiglio proprio il giorno del compleanno dell’imperatore austriaco di 100 anni fa, Francesco Giuseppe.

Lui non sta con nessuno.
Nausicaa Giulia Bianchi www.giuliabianchi.com

Felice Longhi sui resti di Forte Zaccarana, Val Di Sole.

La festa della Fratellanza che si è tenuta il 20 agosto 2017 a Passo Paradiso, cent’anni dopo gli scontri sul ghiacciaio Presena.
Sono tutti in fila a formare un parallelepipedo chiuso con il testa l’altare per la santa Messa: i rappresentanti dei Gruppi Kaiserschützen, Kaiserjäger e Standschützen, delle Compagnie Schützen, della Croce Nera Austriaca, dei Gruppi Alpini e delle associazioni combattentistiche.
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Le pareti esterne di Forte Mero, Val di Sole, su cui è rimasta traccia di un camouflage militare variopinto.

Mi avvicino per la prima volta ad una bomba in esposizione al Museo della Guerra Bianca di Vermiglio, Val di Sole.

La verticalità dell’Adamello dove ci fu la Guerra Bianca, visto da Cima Presena.

Spettatori partecipano ad una visita teatralizzata di Forte Mero. Lo spettacolo si chiama “Sentinelle di Pietra” ed è organizzato dall’associazione culturale Clochart.